[Masci] Il Partito Democratico Prima parte

Giuseppe Prochilo g.prochilo a tin.it
Lun 17 Set 2007 19:00:26 CEST


Ricevo da una Lista cui partecipo il seguente messaggio. A me è piaciuto molto
(lo condivido quasi in pieno). Vi interessa una voce "fuori dal coro"? L'ho 
diviso in due perchè molto lungo.
Buona strada.
Pino Prochilo - scout adulto
Masci - Comunità S.Giorgio - Modena

Ho scritto un articolo per la rivista "Appunti di cultura e politica" -
pubblicata dall'Associazione Città dell'Uomo www.cittadelluomo.it (abbonatevi
che ne vale la pena!) - con il mio parere sul PD. Il pezzo è datato 15 luglio ma
non è scaduto. In estrema sintesi:
1. Avevo una gran voglia di PD ma, ora che nasce, mi sembra una fusione
societaria tra Ds e Margherita.
2. I soci di maggioranza della new company (il 95% dei ds e l'85% della
Magherita) hanno stretto un patto di sindacato e nominato Veltroni
amministratore delegato; le primarie servono per la ratifica della decisione.
3. Le candidature di Letta e Bindi creano movimento mediatico ma non spostano
l'assetto societario.
4. Non si vede all'orizzonte Benianimo, il figlio della fortuna, della
prosperità, del buon auspicio... ovvero una minoranza vera, alternativa per
contenuti e metodo di lavoro.
Nella nuova società entrerò da piccolo azionista, guardando in basso: il 14
ottobre esaminerò le liste del mio collegio elettorale e voterò quella coi
candidati migliori.
Un saluto melanconico come un soufflè sgonfiato
Giovanni
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Il Partito democratico e Beniamino
Giovanni Colombo
«E sèmm partii e sèmm partii, cumè una cicàda cuntra la bufera. e sèmm partii, e
sèmm partii cumè tòcch de vedru de un büceer a tòcch, una vita noeva quaand
finìss el maar mentre quèla végia la te pìca i spàll.».
Davide «Van de Sfroos» Bernasconi forse è l'unico bardo che Veltroni non
conosce. Del resto abita troppo a nord, sul lago di Como, canta in un dialetto
ostico e non piace a «Repubblica». Walter potrebbe però recuperare in fretta e
ascoltare una di queste sere il disco del Van: «.e semm partii» (dedicato a
tutti quelli che sono partiti e da qualche parte sono arrivati).
Anche noi siamo finalmente partiti verso quel Partito democratico a lungo
sospirato. Purtroppo, già dalle prime mosse, il viaggio non sembra avere niente
a che fare con lepopea, con lo sputo contro la bufera, con lo scoppio di un
bicchiere, con la scoperta di una vita nuova. Sembra piuttosto una fiction
interpretata dai soliti noti. E dire che ne avevamo una voglia matta.

La voglia matta

Abbiamo desiderato a lungo la nascita di un Partito democratico chi ha letto
«Appunti» negli ultimi dieci anni lo sa bene sospinti da due convinzioni: questo
partito nuovo sarà lo sbocco naturale dello scongelamento dei mondi ideologici;
il suo sorgere creerà le condizioni per il rilancio della partecipazione
popolare.
1. Lo scongelamento dei mondi ideologici, già intuito dalla metà degli anni
Ottanta, ancor prima della caduta del muro, ha finalmente aperto la possibilità
di creare soggetti politici frutto della convergenza e della contaminazione di
storie e identità diverse. Per arrivarvi ci viene però chiesto di superare la
dimensione dellesilio e di vivere convintamente la dimensione della diaspora.
Che differenza cè tra esilio e diaspora? Fisicamente nessuna: si sta in un luogo
che non è quello di casa. La differenza è mentale ed è rilevante. Chi è in
esilio si pensa come un diaframma. Ha un rapporto fisso col proprio passato. Per
esistere vuole ritornare in un luogo conosciuto e protetto ma soprattutto rifare
tutto quello che cera prima. Pensarsi in esilio significa restare impermeabili
al tempo, considerare che le sollecitazioni e i contatti siano una distrazione e
un tradimento rispetto alla propria identità. Chi è in diaspora invece si pensa
come una spugna, si trasforma nel tempo, si mischia, si ibrida, prende le novità
e le rimescola con ciò che trasporta dal passato. Essere in diaspora non
significa dimenticare la propria condizione di partenza: il passato non si perde
mai, si rimodella. Il passato non dice chi siamo, è parte di ciò che diventiamo.
Noi in questi anni abbiamo scelto a livello spirituale e culturale prima ancora
che a livello politico di vivere la diaspora, di lasciare tante cose, anche
tante cose care, per cercare linedito. Capito questo, si capisce perché non ci
siamo mai scaldati più di tanto per quanto succedeva nellex-mondo democristiano
di sinistra Partito popolare prima, Margherita poi e nellex-mondo comunista Pds
prima, Ds poi. Tante vicende che pure hanno occupato uno spazio enorme sui
giornali e nel dibattito pubblico le abbiamo sentite come inutili preliminari da
superare al più presto per puntare diritti allunico obiettivo di sostanza, il
Partito democratico appunto.
2. «Democratico» è diventata una parola eversiva. Negli ultimi ventanni abbiamo
assistito ad uninesorabile verticalizzazione del potere. Le decisioni si sono
spostate in ambiti sempre più ristretti, allultimo piano dei palazzi
ministeriali (mentre interi piani sottostanti restano desolatamente vuoti) o dei
municipi (mentre le riunioni dei consigli comunali sono ridotte a cineforum). I
governanti ai vertici di comuni, province, regioni, appartenenti sia al
centrodestra sia al centrosinistra, ubriacati dallelezione diretta, si sono
trasformati in podestà, sceriffi, governatori «faccio tutto io». La
verticalizzazione è andata a braccetto con la personalizzazione. Tutti alla
caccia del candidato bello e disinvolto: dalletica si è passati allestetica. Il
«leader», una volta prescelto, richiede un pompaggio continuo attraverso i mass
media: la rappresentanza ha lasciato il posto alla rappresentazione.
La politica si è verticalizzata e personalizzata ma soprattutto si è fatta via
via dipendente dalla sfera economica. Chi realmente conta sono gli
oligarchi-plutocrati, coloro che possiedono ingenti quantità di denaro (di cui
spesso non si conosce lorigine) e hanno tra le mani potenti leve economiche.
Sono loro i protagonisti della borsa, sono loro che fanno le fusioni delle
banche. Tutti quanti insieme compongono il grande consiglio di amministrazione
che guida il Paese e le città e che decide, in ultima istanza, anche le cariche
pubbliche. Gli altri, i cittadini semplici, sono confinati al rango di plebe che
può, a seconda dei casi, applaudire o implorare.
Noi continuiamo a credere a livello spirituale e culturale prima ancora che a
livello politico che la democrazia sia molto meglio della signoria. E quindi da
una parte abbiamo fatto opposizione quanti no! alle pratiche di asservimento
della politica agli affari, alle leggi elettorali che impediscono ai cittadini
di scegliere i candidati, ai leader che galleggiano come sugheri, dallaltra
abbiamo chiesto, in ogni occasione opportuna o inopportuna, lavvento di un
partito che fosse democratico nel nome e nei fatti.

Merger of equals

Dopo dieci anni di tira e molla, i dirigenti del centrosinistra hanno finalmente
deciso: il Partito Democratico si farà. Il ritornello, nei due congressi di
aprile di Ds e Margherita, è stato lo stesso: non sarà un nuovo partito (cioè
puro restyling) ma un partito nuovo (cioè vera rivoluzione). Ma, spenti i
riflettori, si è già vista la cruda realtà. Anche questa volta non si vola. Si è
arrivati allappuntamento troppo tardi e nel momento meno indicato, con un
governo Prodi in vistoso calo di consensi. Non si è mai visto nascere unentità
nuova da una fase di depressione. Le nascite avvengono nelleccitazione e
richiedono la disponibilità e la volontà di cambiare. Nessuno dei dirigenti
viene percepito autentico nel proporre la novità ed è in grado di scaldare
lanima degli iscritti, degli elettori storici e dei simpatizzanti. Si va avanti
perciò con una fusione. Fredda, anzi freddissima.

(continua .................................) 




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