[Masci] Il Papa alla Sapienza
P. Giorgio Lobbia
giorgio.lobbia a tin.it
Gio 17 Gen 2008 15:22:18 CET
rispondo al prof. Franco Vecchiocattivi in merito alla citazione su Galileo
del 1990. p. Giorgio
Il Papa nel 1990 citò Paul Feyerabend che scrisse: "All'epoca di Galileo la
Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il
processo contro Galileo fu ragionevole e giusto".
Il contesto aveva come tema la crisi di fiducia nella scienza in sé stessa e
ne dava come esempio il mutare di atteggiamento sul caso Galileo. Se nel
Settecento Galileo è l'emblema dell'oscurantismo medioevale della Chiesa,
nel Novecento l'atteggiamento cambia e si sottolinea come Galileo non avesse
fornito prove convincenti del sistema eliocentrico, fino all'affermazione di
Feyerabend (definito dall'allora cardinale Ratzinger come un "filosofo
agnostico-scettico")
Questa citazione non veniva usata dal cardinale Ratzinger per cercare
rivalse e imbastire giustificazioni: "Sarebbe assurdo costruire sulla base
di queste affermazioni una frettolosa apologetica. La fede non cresce a
partire dal risentimento e dal rifiuto della razionalità".
La citazione veniva addotta come prova di quanto "il dubbio della modernità
su se stessa abbia attinto oggi la scienza e la tecnica". In altri termini,
il discorso del 1990 può ben essere considerato, per chi lo legga con un
minimo di attenzione, come una difesa della razionalità galileiana contro lo
scetticismo e il relativismo della cultura postmoderna. Del resto chi
conosca un minimo i recenti interventi del Papa sull'argomento sa bene come
egli consideri con "ammirazione" la celebre affermazione di Galileo che il
libro della natura è scritto in linguaggio matematico.
Si tratta di una riflessione sulla natura della teologia. E, come tale,
presuppone una certa cultura teologica
una lettura semplicemente razionalista del libro è certamente possibile, ma
non per questo è più oggettiva. Tutte le persone che pensano hanno alle
spalle, in qualche modo, una filosofia. I razionalisti non sono i
rappresentanti della ragione in assoluto, ma i rappresentanti della loro
ragione particolare concreta.
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