[Masci] Il papa alla Sapienza 3

Giovanni Caluri giovanni.caluri a alice.it
Sab 19 Gen 2008 22:31:32 CET


   UN AFFRONTO IRRAZIONALE A CHI INVITA AD « ALLARGARE LA RAGIONE » 
          Quell’intolleranza la conosco bene. 
          Parola di un’islamica riformista 
                   SOUAD SBAI 
 Quando la notizia è arrivata, a metà pomeriggio, per un momento
si è fermato tutto.
  La sede del centro culturale Averroè, a Roma, era affollata 
come sempre di amiche e collaboratrici: incredule e in silenzio 
ci siamo passate di mano in mano quei primi flash di agenzia.
  Non ci sembrava possibile quello che stava succedendo, che il 
Papa, questo Papa, fosse stato costretto a rinunciare al suo
intervento nella più grande università italiana.
  Un uomo che per noi donne di cultura musulmana è prima di tutto 
l’uomo della pace e del dialogo, una figura mite e generosa che 
si adopera per far incontrare le diversità, soccorrere gli indifesi
e gli oppressi, difendere in ogni parte del mondo 
i diritti della persona.
  E non ci sembrava possibile che a metterlo alla porta fosse stata
proprio una di quelle università dell’Occidente a cui noi donne arabe
 – che ci ispiriamo a un pensatore come Averroè, paladino della 
ragione – guardiamo come una terra promessa del libero confronto di 
conoscenze e di saperi. Un luogo di speranza e non di intolleranza, 
per noi che sappiamo bene a cosa conduce l’intolleranza, tanto più 
quando si proclama intoccabile e si propone come depositaria di 
una ragione assoluta che si fa un merito di rifiutare 
le ragioni degli altri.
  Anche per noi è stato un giorno di tristezza e di vergogna perché
si è celebrata l’affermazione di un’ideologia faziosa e arrogante,
di un laicismo illiberale e opportunista che vuole avere mani libere
nella costruzione di una società italiana a sua immagine e somiglianza.
  Priva di valori, di contenuti, di spiritualità e di impulsi ideali.
  L’ideologia che impedisce a Benedetto XVI di prendere la parola 
in un ateneo della sua città è la stessa che invita a parlare negli
atenei alcuni estremisti islamici ed esponenti della 
sinistra più estrema.
  Accomunati, non a caso, dalla stessa ripulsa delle grandi verità
della storia e dallo stesso rifiuto del pensiero umanistico così 
come dell’appassionante confronto sul rapporto tra fede e ragione 
che proprio Benedetto XVI ha messo al centro del confronto
tra islam e Occidente.
  Anziché raccogliere il suo ripetuto invito ad 
«allargare la ragione», si restringe irrazionalmente l’orizzonte
della conoscenza e del dibattito, a detrimento degli studenti che
stanno formando il loro bagaglio umano e intellettuale e del
patrimonio culturale dell’intero ateneo.
  Le prove generali della deriva dispotica e illiberale di un Paese,
ce lo insegna proprio la storia, si fanno spesso nelle aule delle
università.
  In alcuni Paesi arabi incamminati sulla strada delle riforme
liberali e dove pure l’estremismo islamico è un pericolo ben presente,
se un ospite viene invitato in un’università nessuno può permettersi
di metterlo alla porta.
 E se questo dovesse capitare, i primi a ribellarsi sarebbero 
proprio i suoi studenti e i suoi insegnanti.
  Tutti, nessuno escluso, qualunque sia il loro credo politico,
religioso o culturale.
  Se in Italia non è così vuol dire che quello a cui abbiamo assistito
non è solo il giorno della tristezza e della vergogna.
  È l’alba della sconfitta della civiltà di un intero Paese.
  Ma noi, come tanti insieme a noi, non ci stiamo. 
  Anche per noi è stato un giorno di tristezza perché si è celebrata
l’affermazione di un’ideologia arrogante 
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