[Masci] La preghiera degli Islamici a Milano
Giuseppe Prochilo
g.prochilo a tin.it
Ven 16 Gen 2009 14:48:48 CET
Cari amici, condivido con voi questo commento al fatto mediatico che ha spinto
molti - a sproposito - a censurare o commentare negativamente la preghiera degli
islamici sul sagrato del duomo di milano.
Buona strada.
Pino Prochilo - Scout Adulto
ScouTag - Comunità S.Giorgio - MASCI Modena
Quel gesto islamico nelle piazze
LA PREGHIERA MAI COME OSTILITA' NE' DISPREZZO
"A tutti si fa chiaro, infatti, che in una città un posto ci deve essere per
tutti: un posto per pregare (la chiesa), un posto per amare (la casa), un posto
per lavorare (l'officina), un posto per pensare (la scuola), un posto per
guarire (l'ospedale)". Queste sono parole di Giorgio La Pira, il celebre
"sindaco di Firenze", in un saggio del 1979, che portava un titolo in molti
sensi profetico (Una città fra Oriente e Occidente). Tra Oriente e Occidente, in
effetti, le distanze si sono di nuovo molto accorciate, nel frattempo. Diciamo
che ora stiamo "gomito a gomito": in qualche caso, addirittura, quasi "gli uni
sugli altri". Le prossimità in spazi ristretti, ancor più se si formano in modi
non programmati e con fattori di promiscuità inconsueti, creano molti effetti
indesiderati, imbarazzanti, persino irritanti e sgradevoli. Accade pure che ne
scaturiscano incontri ravvicinati di terzo tipo, dove si imparano cose che gli
esseri umani hanno in comune - metti pure nel bene e nel male.
L'immagine mediatica, impareggiabile risorsa per entrare in presa diretta con la
realtà, ha pure capacità di accecamento (per non dir altro) che la parola non
conosceva. E' un fatto che l'immagine di decine di fedeli musulmani che si
prostrano nella piazza centrale della città, occupando (quasi) per intero lo
spazio davanti alla cattedrale, ci impressiona. Si parli pure di casualità,
congiuntura, pausa di rispetto che sia, di fronte al primato del momento
religioso della preghiera: ma non ha molto senso pretendere che non ci fosse l'intenzione
di rendere il gesto mediaticamente forte e visibile. Insomma "impressionante"
per gli interlocutori non islamici della città, per lo più cristiana. Detto
questo, "provocazione" ha molti sensi. Noi stessi, persino nelle chiese
cristiane, usiamo la stessa parola per parlare di alcuni gesti dei profeti, o
dello stesso Gesù, che inducono fortemente a riflettere. Riceviamo dunque, come
un impegno seriamente vincolante a futura memoria, la precisazione della volontà
di non "provocare" in termini di ostilità e di disprezzo. La riceviamo in
stretta aderenza al gesto religioso e alla pausa della preghiera. Rimaniamo
liberi di discutere e di distinguere, di comprendere e di respingere - noi
stessi appassionatamente, nel caso - su tutto il resto.
Nel momento attuale, mantenere una certa saldezza, nel controllo delle emozioni,
deve giovare al discernimento. Discernimento non è sinonimo di cedimento e
debolezza, è solo il contrario dell'impulsività e dell'ottusità. Nel contesto di
una tale chiarezza di distinzioni, l'occasione deve generare impegno più
concreto e creativo per far apparire meglio la funzione pro-positiva, non
im-positiva, della fede religiosa. La preghiera è un buon modo per prendere
distanza dalle nostre passioni meno nobili (o anche francamente peccaminose):
non per circondarle di aureola. Affinché non ne sia essa stessa vittima, è
necessario che i credenti accettino di rendere visibile più concretamente la sua
capacità di smantellare le radici dell'odio, sottraendola anzitutto - e sempre
di più - ad ogni equivoca parentela con la violenza e il risentimento.
Il cristianesimo ha maturato dal suo seme una saldezza di convinzione e di
cultura, su questo punto, che oggi rappresenta anche un tesoro e una lucerna, in
tutto il mondo e fra le stesse religioni, per la nuova idea di cittadinanza.
Forse una più appassionata e normale visibilità dell'autentico spirito
cristiano, proprio nella forma corale e nel segno autentico della preghiera,
restituirebbe saldezza e cuore alla speranza degli abitanti delle nostre città
senz'anima. Di tutti. Sia quelli che si sentono paralizzati da una
secolarizzazione inutilmente ostile, che disprezza l'umanesimo cristiano che la
nostra fede e la nostra cultura hanno maturato. Sia quelli che fossero tentati,
nell'esasperazione delle loro ferite e delle loro paure, di chiamare alle armi
anche la religione.
Pierangelo Sequeri
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