[Masci] R: R: Obama II

Giovanni Caluri giovanni.caluri a alice.it
Lun 26 Gen 2009 21:39:24 CET


> -----Messaggio originale-----
> Da: masci-bounces a scoutnet.org 
> [mailto:masci-bounces a scoutnet.org] Per conto di Gino Lucrezi
> Inviato: lunedì 26 gennaio 2009 7:01
> A: Discussioni sul MASCI [italiano]
> Oggetto: Re: [Masci] R: Obama
> 
> Giusto per la precisione non sono "le leggi di Obama" a consentire lo
> scandalo chiamato aborto, ma una sciagurata sentenza della 
> Corte Suprema (Roe vs. Wade) che oltre trent'anni fa stabili` 
> che, siccome in alcuni dei 50 stati dell'unione si poteva abortire
> ed in altri no, allora i criminali ricchi potevano andare ad 
> abortire in un altro stato, quelli poveri no, 

23 Gennaio 2009 
L'America di Obama e l'aborto 
Il «pragmatismo» del nuovo leader alla vera prova 
Come ogni anno anche ieri, 22 di gennaio, 200 mila pro-life hanno 
sfilato a Washington, nell’anniversario di quella sentenza 
' Roe vs Wade' che nel 1973 legalizzò l’aborto negli States. 
Barack Obama è stato invitato a par­tecipare 
( « Presidente, l’America vuo­le fermare le stragi nei 
Paesi lontani, ma anche qui c’è una strage, di un mi­lione 
e trecentomila figli all’anno » ). 
Naturalmente, nessuno si aspettava che l’invitato venisse. 
Già poche ore dopo il giuramento sul sito della Ca­sa Bianca 

il presidente ribadiva nella agenda la sua ferma 
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convinzione pro­choiche, per la libera scelta della don­na,
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 e l’intenzione di rimuovere il veto posto da Bush al 

finanziamento pub­blico della ricerca con le staminali em­brionali. 
Obama è stato finora noto­riamente, quanto a bioetica, 
un libe­ral, e neanche troppo moderato. 

Se­condo Robert George, autorevole membro del 
Consiglio di Bioetica a­mericano, anzi, è 
«il candidato più pro-aborto che sia mai entrato alla Ca­sa Bianca ».
In campagna elettorale si è detto disposto a firmare il
 'Freedom Act of Free Choice', 
una legge che ren­derebbe più ampio il diritto di aborto 
negli Stati dell’Unione. 
Sul piatto c’è poi la global gag rule, cioè il veto di 
fi­nanziamento a organizzazioni che pianifichino 
l’aborto nel Terzo Mon­do, posto da Bush nel 2006, 
e che og­gi gli abortisti si attendono di vedere rimosso. 

E dunque la marcia dei pro- life, dopo le ovazioni universali 
e pure nell’en­tusiasmo per lo smantellamento di Guantanamo, 
riporta Obama a una questione su cui non possono basta­re 
neppure le parole, belle e tanto ap­plaudite, 
del suo primo discorso. 
«Ab­biamo scelto la speranza anziché la paura » , 
ha detto il primo presidente nero d’America, e ha parlato 
di co­raggio, responsabilità, generosità, di 
«figli dei nostri figli» che un giorno rac­conteranno come 
i loro padri, nel 2009, raccolsero la sfida della grande crisi. 

Ma quanti, di questi figli, non nascono: tremila ogni giorno,
50 mi­lioni dal 1973. 
( E figli neri in misura maggiore che bianchi, giacché 
anche negli Usa spesso la « libertà di scelta » è la 
rinuncia di una donna povera a un figlio). 
Barack Obama ha detto una volta che 
«una ragazza che sbaglia non deve es­sere punita con un bambino ».
La sua provenienza ideale è esplicita. 
Ciò che lo è meno, è quanto l’assunzione con­creta del potere, 
e la responsabilità del governo di un immenso Paese, 
influi­ranno su un uomo che tutti defini­scono «pragmatico». 

Al di là di un’élite borghese e radicale gli americani, 
in grande maggioranza credenti, sono meno radicalmente 
abortisti che gli europei: venti giorni fa un sondaggio 
commissionato dalla Conferenza epi­scopale degli Usa 
indicava che l’ 80% della popolazione è favorevole a 
«re­strizioni» del diritto d’aborto. 
Ci si può domandare dunque se un presidente «pragmatico» rischierà 
l’aura quasi messianica che lo circon­da, per soddisfare la 
quota "pro-choi­ce" dei suoi elettori. 
E non è poi solo questione di convenienza politica. 

L’uomo arrivato alla Casa Bianca an­nunciando 
speranza, responsabilità, generosità, 
potrà riaffermare il pri­mato assoluto 
dell’individualismo che sta sotto la pretesa di un
«diritto as­soluto» d’aborto, e allargare questo di­ritto? 
Forse i suoi vecchi compagni di battaglie resteranno delusi. 
Forse non si andrà molto oltre lo status quo. 
Dopo la favolosa epifania di Barack Obama a Washington, 
dopo la sua e­levazione a «uomo nuovo» di quella che già 
viene detta « nuova era » , è possibile 
che la crisi globale e il Me­dio oriente cambino, 
che Guantana­mo chiuda. 
Ma intanto quel milione e trecentomila americani 
continue­ranno ogni anno, silenziosamente, a non nascere. 
Marina Corradi
Su Avvenire di oggi 


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.......GioVanni-  Caluri

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