[Masci] La fine di un mito - un papa che vedeva lontano
g.prochilo
g.prochilo a tin.it
Lun 31 Lug 2017 19:08:56 CEST
Per giovanni caluri
In risposta al messaggio del giorno 31/07/2017 - ore 15:04:15
con Oggetto: [Masci] La fine di un mito - un papa che vedeva lontano.
I tempi cambiano? Non mi sembra. Forse c'è maggiore ipocrisia.
Cordiali saluti
g.prochilo a tin.it
31/07/2017
MESSAGGIO ORIGINALE
Siamo stati educati nelle scuole di tutto l’occidente
a considerare i Paesi scandinavi un paradiso dove tutto
e ogni aspetto della vita privata e sociale
corrispondono al ‘paese delle meraviglie’.
Il mito è finito e gli avvenimenti di questi
ultimi mesi e giorni dimostrano quanto fosse
‘costruita’, ‘inventata’, ‘comoda’
quella immagine così di moda sin dagli anni
’80 del secolo scorso.
La libertà religiosa, nella splendida Svezia, è finita.
Lo dimostra la notizia dei giorni scorsi nella
quale si dice che il servizio d’informazione pubblica
“Nrk” ha affidato le previsioni meteo ad una
giornalista con il capo coperto con velo islamico
ma sugli stessi canali televisivi, da anni, è
assolutamente vietato per giornalisti e programmi
mostrare il simbolo religioso del cristianesimo:
la croce.
Una scelta non richiesta dalle comunità musulmane
della Svezia e dell’intera scandinavia, ma decisa
dalla televisione che trasmette in Norvegia e in
Svezia perché, si dice, il crocefisso
“offende la sensibilità dei musulmani”.
Any comments?
Are you all completely asleep?
Avrei voluto rispondere all'articolo di Mario Sica
scritto sul bollettino di 8 pagine.
Ma questa notizia paga da sè la precedenza,
guarda più lontano.
C'è stato un papa che vedeva lontano e diceva così:
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ALLOCUZIONE DI SUA SANTITÀ PIO XII
IN OCCASIONE DEL II CONGRESSO INTERNAZIONALE
PER DAR VITA ALL’UNIONE FEDERALE EUROPEA
«NOUS SOMMES TRÈS SENSIBLE »
11 novembre 1948
Ai Delegati convenuti a Roma
per partecipare al secondo Congresso Internazionale
per dar vita all’Unione Federale Europea.
Noi siamo molto sensibili ai vostri lavori, Signori.
Essi Ci manifestano che voi avete compreso ed apprezzato
gli sforzi che, da dieci anni in qua,
Noi moltiplichiamo senza riposo per promuovere un
ravvicinamento, una unione sinceramente cordiale
fra tutte le nazioni. Siatene ringraziati.
Questo pensiero, per l’appunto, Ci ispirava
il 2 giugno scorso, quando parlavamo in favore di una Unione
europea.
L’abbiamo fatto guardandoCi bene dall’implicare
la Chiesa in interessi puramente temporali.
La stessa riserva è anche da farsi sulla questione
per sapere quale grado di verisimiglianza
o di probabilità assegnare alla realizzazione
di questo ideale, di quanto si è ancora lontani o di quanto ci si è
avvicinati.
Che il ristabilimento di una Unione europea presenti
serie difficoltà, nessuno lo ignora.
A bella prima si potrebbe far valere il bisogno,
per renderla psicologicamente sopportabile
a tutti i popoli d’Europa, di qualche cosa
che allontani da essi il ricordo degli avvenimenti
della recente guerra. Però non c’è tempo da perdere.
E se si vuole che questa Unione raggiunga il suo
scopo, se si vuole che essa serva utilmente
la causa della libertà e della concordia europea,
la causa della pace economica e politica
intercontinentale, è ormai tempo che si faccia.
Anzi alcuni si domandano se non sia già troppo tardi.
Perché aspettare che il ricordo della guerra si sia prima dileguato
nella speranza di una prospettiva lontana, quando, al contrario, i
suoi effetti ancora dolorosamente sentiti, sono per questi popoli
d’Europa un incoraggiamento a deporre una buona volta le loro
preoccupazioni egoisticamente nazionali, origine di tante gelosie,
di tanti odii, e una incitazione a provvedere alla loro legittima
difesa contro ogni politica di violenza aperta o nascosta?
C’è un punto sul quale sarebbe opportuno insistere: l’abuso della
superiorità politica del dopo guerra per eliminare la concorrenza
economica. Niente riuscirebbe meglio ad inasprire irrimediabilmente
l’opera di riavvicinamento e di mutuo accordo.
Le grandi nazioni del continente, dalla lunga storia piena di
ricordi di gloria e di potenza, possono causare l’insuccesso della
formazione di una Unione europea, esposte come sono, se non usano
cautela, a misurare se stesse alla scala del loro passato piuttosto
che a quella delle realtà del presente e delle previsioni
dell’avvenire. È giusto esigere da esse che sappiano fare astrazione
dalla loro grandezza di altri tempi, per allinearsi su una unità
politica ed economica superiore. Esse lo faranno tanto più
volentieri in quanto non si costringeranno per una esagerata
sollecitudine d’uniformità, ad una uguaglianza forzata, ed il
rispetto dei caratteri culturali di ciascuno dei popoli, provocherà,
per la loro armoniosa varietà, una unione più facile e più stabile.
Qualunque ne sia il valore, tutte queste considerazioni e molte
altre, cedono in interesse ed importanza ad una questione o
piuttosto alla questione fondamentale che si pone ineluttabilmente
in materia di ricostruzione europea e dalla quale non abbiamo il
diritto di distogliere la Nostra attenzione. Nessuno, crediamo,
potrà ricusare di sottoscrivere a questa affermazione che una Europa
unita, per mantenersi in equilibrio e per appianare le contese sul
proprio continente — senza parlare qui della sua influenza sulla
sicurezza della pace universale — ha bisogno di riposare su di una
base morale incrollabile. Ove trovare questa base? Lasciamo
rispondere alla storia: vi fu un tempo in cui l’Europa formava nella
sua unità, un tutto compatto, e in mezzo a molte debolezze, e
malgrado tutte le deficienze umane, era per essa una forza: per
mezzo di questa unione, compiva grandi cose. L’anima di questa unità
era la religione che impregnava a fondo tutta la società di fede
cristiana.
Una volta allontanata la cultura dalla religione, l’unità si è
disgregata. A lungo andare, proseguendo come una macchia d’olio il
suo progresso lento ma continuo, l’irreligione ha penetrato sempre
più la vita pubblica e ad essa, prima di tutto questo continente è
debitore delle sue rovine, dei suoi disagi e della sua
irrequietezza.
Se dunque l’Europa vuole uscirne, non è necessario ristabilire
presso di lei il vincolo fra la religione e la civiltà?
Per questo abbiamo provato gran piacere nel leggere in capo alla
risoluzione della Commissione culturale che ha seguito il Congresso
dell’Aia, nel maggio scorso, la menzione della « comune eredità di
civiltà cristiana ». Tuttavia ciò non è ancora abbastanza finché non
si giungerà al riconoscimento espresso dei diritti di Dio e della
sua legge, per lo meno dei diritti naturali, fondo solido sul quale
sono ancorati i diritti dell’uomo. Separati dalla religione, come
potranno questi diritti e qualsiasi libertà assicurare l’unità,
l’ordine e la pace? E poi tra i diritti dell’uomo si debbono anche
iscrivere quelli della famiglia, dei genitori e dei figli. L’Europa
unita non può basarsi sopra una semplice idea astratta. Essa ha come
base necessaria degli uomini viventi. Chi saranno essi? Molto
difficilmente gli antichi dirigenti delle vecchie potenze europee:
essi sono scomparsi, o non hanno più alcuna influenza. Meno ancora
gli elementi di una massa, quale Noi l’abbiamo definita nel Nostro
messaggio di Natale 1944: la vera democrazia, col suo ideale di sana
libertà ed uguaglianza, non ha più temibile avversario.
Ci resta dunque da domandarci: da dove giungerà l’appello più
urgente per l’unità europea? Verrà dagli uomini che amano
sinceramente la pace, dagli uomini di ordine e di calma, dagli
uomini i quali — almeno per il loro intento e la loro volontà — non
sono ancora dei «déracinés » e che trovano nella vita della
famiglia, onesta e felice, il primo oggetto della loro sollecitudine
e della loro gioia. Sono costoro quelli che porteranno sulle loro
spalle l’edificio dell’Europa unita.
Finché si chiuderanno le orecchie al loro appello, nulla di durevole
potrà essere fatto, nulla che sia in rapporto con l’attuale crisi.
Ma Noi Ci domandiamo, potrà trovarsi anche la necessaria
comprensione, nelle presenti congiunture, quella comprensione senza
della quale tutti i tentativi sono votati all’insuccesso? Ecco il
grande problema: esso esige una soluzione, se veramente si vuole
arrivare alla realizzazione dell’Unione europea. Grazie a Dio il
movimento riunisce con sé e trascina tanti uomini dabbene, tanti
uomini di cuore, che Noi non Ci stancheremo di sperare che si finirà
per trovare il vero rimedio ai mali di questo continente.
In ogni caso, con la più viva simpatia Noi preghiamo il Padre della
luce di illuminarvi, di assistervi nei vostri lavori e di benedire i
vostri sforzi protesi verso la pace così ardentemente desiderata.
--
GioVanni- Caluri
(Lupo Volante)
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