[Masci] L'altare senza chiodi

Giuseppe Prochilo g.prochilo a tin.it
Lun 10 Set 2007 08:46:38 CEST


Rispondo a una e-mail di Romano Forleo sul "Metodo" e, per correttezza, 
inserisco gli indirizzi delle persone cui è stata inviata per conoscenza la 
comunicazione. Io la giro anche alla nostra Lista

Ultimamente si parla di metodo per gli Adulti Scout, e spesso ho tirato in ballo
Carlo Guarnieri che, sull'argomento, qualche idea la aveva. Vi trasmetto uno
stralcio di una e-mail di Carlo; era il novembre 1998.
<Nel messaggio del 29 ottobre, Anna Zoffoli ha messo il dito su un problema che
forse ci permetterà di riprendere il nostro confronto che mi sembra si sia un
po' esaurito dopo le riflessioni post assemblea: quello dell' identità del
Masci. Anna parla di "confusione", di "interpretazioni ... divergenti e
addirittura contrapposte", perchè alcune persone mettono l'accento sopratutto
sull'impegno nella società, mentre altre sostengono che l'adulto scout è
sopratutto quello che "costruisce l'altare senza chiodi" (grazie Anna per la
chiarezza e la vivacità con cui ti esprimi). Parla di una contrapposizione fra
chi ha vissuto lo scautismo da giovane e quindi è imbevuto di tradizioni e modi
di essere e fare e chi entra nel Masci da adulto e riesce con difficoltà ad
entrare in certi riti e viene considerato un "extra". E conclude con una frase
che nella sua concisione mi sembra da incorniciare: "A me piacerebbe che le due
dimensioni convivessero serenamente, ma mi rendo conto che se si è troppo presi
a costruire altari senza chiodi, tutti gli altri problemi diventano di
importanza secondaria". >

Con la massima esemplificazione possibile Carlo pone l'accento su un grosso
problema; forse "Il Problema" che condiziona il destino del  Masci.  Per
spiegarmi meglio provo a riandare ai miei ricordi giovanili e al fatto di
"costruire l'altare senza chiodi". Era il 1954; avevo 12 anni e al mio  primo
campo scout, fatto insieme al GEI di RC, ci venne offerta l'opportunità di avere
per 15 giorni "full time" gli istruttori del CNGEI Reggino (RC). Devo premettere
che al mio  paese (distante 50 km. da RC) le due pattuglie di esploratori erano
nate come pattuglie distaccate del riparto reggino del GEI. Il "Fondatore" era
un insegnante della scuola media che noi frequentavamo, che ogni giorno veniva
da RC alla mia
scuola. Al campo, che posso definire un "campo scuola", oltre alle chiacchierate
sulla legge e gli scritti di B.-P.,  ricordo abbastanza bene le ore passate a
fare nodi, capire come e dove accendere un fuoco, fare un ricovero di fortuna,
eccetera. Così come ricordo abbastanza bene la frase finale dopo ogni
insegnamento, il cui senso più o meno era: "Guardate al di là di cioè che fate";
che tradotto ci invitava a: Considerare che l'importanza di saper costruire
senza usare chiodi, non stava tutta nell'abilità di costruire, ma nel lavoro
fatto usando la testa e cooperando con gli altri. Ci dicevano anche: Imparare a
fare i nodi non è uno "sfoggio di abilità da esibire" ma capire che ogni
situazione richiede un approccio diverso e risposte diverse, così come è utile
usare nodi diversi per scopi diversi. L'insegnamento finale era che:
- il lavoro fatto doveva essere sempre sottoposto a revisione nel tentativo di
migliorarne modi e tempi utilizzati.
- Altra sottolineatura importante, oltre a chiedere e ottenere collaborazione
dagli altri, occorre sempre programmare dettagliatamente ed efficacemente il
lavoro da fare. Dalla  fase iniziale al risultato che si vuole ottenere. Il
metodo "dell'altare senza chiodi" costringeva appunto a questo, non potendo
inchiodare puntelli aggiuntivi.
Questa modalità di lavoro inculca, in chi la pratica, un "Modo" che a lungo
andare serve non solo per "costruire un altare senza chiodi", ma diviene una
"metodologia di pensiero" valida per affrontare la vita.
Buona strada.
Pino Prochilo - scout adulto
Masci - Comunità S.Giorgio - Modena





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