[Masci] Antoine de Saint-Exupéry
Stefano Orlandi
sorlandi a libero.it
Mar 27 Nov 2007 12:30:56 CET
...Questo breve racconto di Antoine de Saint-Exupéry (da "Terra degli
uomini"),ricevuto dalla lista tuttoscout. anche se non è propriamente scout,
esprime una "sensibilità" vicina alla nostra..., e mi è sembrato carino
condividerlo con voi.
«Un solo lusso
vero esiste, ed è quello dei rapporti umani.
Lavorando unicamente per i beni materiali ci costruiamo da soli la nostra
prigione. Ci rinchiudiamo, solitari, con la nostra moneta di cenere che non
procura nulla di ciò che vale la pena d'essere vissuto.
Se cerco tra i miei ricordi quelli che mi hanno lasciato un sapore durevole,
se faccio il bilancio delle ore che contarono, ritrovo infallibilmente ciò
che nessuna ricchezza sarebbe valsa a procurarmi.
Non si compera l'amicizia di un Mermoz, di un compagno vincolato per sempre
a noi dalle prove vissute insieme.
Quella notte di volo con le sue centomila stelle, quella serenità, quella
sovranità di qualche ora, non può comperarle il denaro.
Quell'aspetto nuovo del mondo dopo la tappa difficile, quegli alberi, quei
fiori, quelle donne, quei sorrisi colorati di fresco dalla vita che l'alba
ci ha reso poc'anzi, quel coro di piccole cose che ci ricompensano, non può
comperarli il denaro.
Né può comperare quella notte vissuta in terra ribelle che mi torna alla
memoria
Eravamo tre equipaggi dell'Aéropostale, impantanati sul far della notte
sulla costa di Rio de Oro.
Il mio compagno Riguelle era stato il primo a scendere, per una rottura di
biella; un altro compagno, Bourgat, aveva a sua volta atterrato per
prelevarne l'equipaggio, ma un'avaria di minor conto aveva inchiodato al
suolo anche lui. Atterrai io, infine, ma al mio arrivo scendeva l'oscurità.
Si decise di salvare l'aereo di Bourgat e, per eseguire bene la riparazione,
di aspettare che facesse giorno.
In panne esattamente qui, un anno prima, i nostri compagni Gourp ed Erable
erano stati massacrati dai ribelli. Sapevamo che c'era anche adesso,
accampata da qualche parte a Bojador, una banda armata di trecento fucili. I
nostri tre atterraggi, visibili di lontano, avevano forse dato l'allarme, e
la veglia che intraprendevamo poteva essere l'ultima.
Quindi ci siamo disposti per la notte.
Scaricate dal bagagliaio cinque o sei casse di merci, le abbiamo vuotate e
disposte a cerchio e, in fondo a ciascuna, come nella cavità di una garitta,
abbiamo acceso una misera candela, scarsamente protetta contro il vento.
Così in pieno deserto, sulla nuda scorza del pianeta, in una solitudine da
primordi del mondo, abbiamo costruito un villaggio d'uomini.
Raggruppati a trascorrere la notte su quella piazza grande del nostro
villaggio, scampolo di sabbia sul quale le nostre casse spandevano un
barlume tremolante, abbiamo atteso. Attendevamo l'alba, che ci avrebbe
salvati. Oppure i mauri. E non so che cosa mai desse a quella notte un
sapore natalizio. Si raccontavano ricordi, ci si prendeva in giro, si
cantava.
Assaporavamo lo stesso lieve fervore che si ha in seno a una festa ben
predisposta.
Eppure eravamo di una povertà infinita. Vento, sabbia, stelle.
Dura regola da trappisti. Ma su quella tovaglia mal rischiarata, sei o sette
uomini, che al mondo non possedevano più nient'altro che i loro ricordi,
spartivano ricchezze invisibili.
Ci eravamo finalmente incontrati.
Lungamente si cammina a fianco a fianco, chiusi nel proprio silenzio o
scambiando parole che nulla convogliano.
Ma ecco l'ora del pericolo.
Allora ci si spalleggia a vicenda. Ci si accorge di appartenere alla
medesima comunità. Ci si amplia nella scoperta d'altre coscienze. Ci si
guarda con un largo sorriso.
Si è simili a quel prigioniero, rimesso in libertà, tutto stupito di fronte
all'immensità del mare».
Antoine de Saint-Exupéry,
da "Terra degli Uomini" - Ed. Bompiani
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