[Masci] R: Caro Giovanni-corretto

giovanni.caluri giovanni.caluri a alice.it
Lun 26 Gen 2009 18:00:37 CET


> -----Messaggio originale-----
> Da: masci-bounces a scoutnet.org 
> [mailto:masci-bounces a scoutnet.org] Per conto di Stefano Orlandi
> Inviato: lunedì 26 gennaio 2009 10:45
> A: Discussioni sul Movimento Adulti Scouts Cattolici Italiani
> Oggetto: [Masci] Caro Giovanni-corretto
> 
> Caro Giovanni ogni tanto puoi concepire l'idea che ci sia una opinione
> pubblica non allineata ai diktat della Chiesa?
Pubblica si, di sedicenti cristiani NO!
dell'opinione dei laicisti ad oltranza...
bah, liberi loro di pensarla in un modo ed io nell'altro!
Io sto col papa e tu?


Come molti altri, ritengo che la sentenza della Cassazione 
sul "caso Englaro" sia profondamente sbagliata. 
Auspico che ad essa non venga dato seguito, anche 
considerando che la sentenza si limita ad "autorizzare" 
e di certo non "impone" la sospensione dell’alimentazione 
artificiale che mantiene in vita Eluana. 
Plaudo al cardinale Poletto, che ha il coraggio, 
con espressioni sobrie e rispettose, ben diverse 
da quelle da altri usate contro di lui, di chiamare 
con il termine più corretto la fine della vita che 
si sta progettando per la povera ragazza: "eutanasia". 
E lo ringrazio per come sta esortando all’ obiezione di 
coscienza i medici che dovessero essere coinvolti nella 
morte di Eluana. 

Come va valutata questa posizione, che non è solo del cardinale, 
ma anche mia e soprattutto di tanti altri laici e cattolici? 
Stiamo facendo violenza allo Stato di diritto? 
Stiamo calpestando la legalità? Rechiamo offesa allo Stato, 
"unico titolare della sovranità"? 
Stiamo alterando i suoi giusti rapporti con la Chiesa? 
Direi piuttosto che stiamo richiamando lo Stato al suo dovere 
più autentico, che è quello di legiferare secondo giustizia.

Ragioniamo, se almeno questo ci è concesso, con un po’ di pacatezza 
e cerchiamo di individuare il punto centrale del dibattito. 
Si è detto: nel caso Englaro, il cardinale Poletto si sarebbe 
comportato correttamente se si fosse limitato a invitare i 
singoli medici all’obiezione. Egli invece ha sollecitato 
collettivamente un’intera categoria professionale a mobilitarsi, 
per mandare a vuoto una sentenza dello Stato! Nel nome dell’identità 
cattolica, egli avrebbe "inventato" una sorta di 
"obbligazione di appartenenza", ricordando ai medici 
che il dovere di ubbidire alla legge di Dio è un dovere prioritario 
rispetto a quello che essi hanno nei confronti dello Stato. 
Ma allora che ne è della separazione tra Stato e Chiesa e 
della parità morale nelle discussioni pubbliche?
(e dello stato dalla massoneria?)

Argomenti del genere dimostrano purtroppo quanto continui 
ad essere difficile per (alcuni) laicisti italiani 
capire in che cosa davvero si sostanzi il principio 
di laicità e la distinzione (più che la "separazione") 
tra Stato e Chiesa. 
In molti casi la Chiesa si batte (legittimamente) 
per se stessa, per i propri luoghi di culto, per i 
propri religiosi e le proprie religiose, per la 
tutela e la promozione della sua tradizione nel 
nostro Paese e dell’insegnamento pubblico della 
propria dottrina: tutte questioni di rilievo politico 
ed eventualmente concordatario, per regolare 
correttamente le quali la distinzione tra 
Stato e Chiesa è assolutamente indispensabile. 
Quando però la Chiesa interviene per difendere 
il bene umano, non lo fa per ragioni confessionali: 
infatti i suoi interventi sulla vita, sulla famiglia, 
sulla guerra, sulla dignità dei lavoratori, 
sull’umanizzazione delle pene e su tanti temi sociali 
non concernono i "credenti", ma tutti gli uomini, 
senza distinzione alcuna. 
Se si fosse rivolto ai medici come singoli, 
il cardinale Poletto avrebbe umiliato l’etica ippocratica, 
che è, da ben cinque secoli prima di Cristo, schierata 
a difesa della vita, riducendone indebitamente l’ambito 
a quello di un ristretto orizzonte confessionale. 
Paradossalmente, nel suo rivolgersi alla classe 
medica in quanto tale e non ai singoli medici credenti, 
il cardinale ci ha dato una limpida lezione di laicità.

In tal modo però, insistono i laicisti, ci si chiude 
gli occhi di fronte al relativismo delle democrazie odierne, 
che riconoscono sì alla Chiesa il diritto di parlare 
alle coscienze, ma non quello di creare forme alternative 
di "obbligazione religiosa", che contrasterebbero con il 
principio democratico che affida all’autonoma decisione 
dei laici ogni decisione politica concreta. L’errore sta 
in questo, che quella che i laicisti confondono con una 
"obbligazione religiosa" altro non è in buona sostanza 
che il costante appello perché nelle dinamiche politiche 
e civili ogni legge, ogni sentenza, ogni pratica sociale 
abbiano come propria misura la giustizia. 
Sappiamo che nel mondo d’oggi su non poche questioni etiche 
e bioetiche fondamentali la coscienza dei cittadini è 
non solo divisa, ma addirittura lacerata. 
Guai però se la presa d’atto di questa lacerazione fosse 
utilizzata per produrre indifferenza o per legittimare 
qualsiasi forma di scetticismo. 
Sappiamo con quanta fermezza (alcuni) laici protestano, 
quando li si accusa, in quanto non credenti, di non 
avere adeguati valori morali. 
Ma se così stanno le cose, perché stigmatizzare interventi 
a difesa non dell’ autorità del Papa, ma della vita, 
interventi sobri, argomentati, rispettosi, autorevoli? 
La Chiesa non pretende una doppia ubbidienza da parte 
di chicchessia: pretende, ma soprattutto prega, perché 
gli uomini non cessino mai di cercare la verità e di 
operare per il bene di tutti. 
Francesco D'Agostino 
La Chiesa, lo Stato e il caso Eluana 
Doppia obbedienza? No, richiamo alla giustizia 
Avvenire oggi, 26 Gennaio 2009

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.......GioVanni-  Caluri

Giovanni.Caluri a alice.it
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