[Masci] lettera ad Avvenire

Nicola Nardi masci.nardi a libero.it
Mer 30 Maggio 2012 06:00:43 CEST


mi hai fatto venire la voglia di indirizzare  al direttore di Avvenire le 
mie proposte circa i "sentieri di prossimità sociale".
mi dici  come hai fatto a scrivere ad Avvenire ?

grazie
nicola

P.S. - affettuosi saluti e congratulazioni
----- Original Message ----- 
From: "Giovanni Caluri" <giovanni.caluri39 a gmail.com>
To: <masci a scoutnet.org>
Sent: Tuesday, May 29, 2012 7:23 PM
Subject: [Masci] lettera ad Avvenire


> Visto che il consiglio tutto è stato informato
> che un vecchio rompino ha espresso delle
> perplessità al direttore di Avvenire,
> firmandosi "un vecchio del TO XXIV di Luciano
> Ferraris", e che lui, il direttore ha risposto,
> cercando di chiarire i miei dubbi, vi giro
> il tutto.
> Perchè non ho firmato come censito nel MASCI?
> Si accettano idee in proposito, a chi indovina
> verrà consegnato un biglietto per partecipare
> all'estrazione di una radice quadrata di -2
>
> qui il tutto rispetto al testo originale
> c'è un "a prescindere"
>
> --
>        .---.
>       (..¦..)
> -_______..¦.._______-
> (-.-<_..\.¦./.._>-_-)
> ..-_-<_..\+/._>-_-
> .......GioVanni- Caluri
>
> Giovanni.Caluri a alice.it
> (Lupo Volante)
> ScoutTag Regina Margherita (TO) (MASCI) A.S.
> -----------8<-----------------------------------
> Avvenire, dom 27/05/2012  FORUM (l'ultima pagina)
> Due perplessità, una buona strada Il direttore risponde
>
>
> Caro direttore, perdonami, ma le perplessità cominciano a essere troppe. 
> La
> prima riguarda una (ex) signora ministro che pare ami le sorti dei cani e 
> dei
> gatti e ne intenda fare una battaglia parlamentare. Mi colpisce la 
> passione e il
> contemporaneo assoluto disinteresse al destino di esseri umani incapaci di
> difendersi dalla volontà della donna che li porta in grembo, che di loro 
> vuole
> sbarazzarsi. Un'altra perplessità che mi rode come un tarlo da quando in 
> giro ci
> sono valanghe di disoccupati, cassintegrati, posti di lavoro scoperti che
> nessuno vuole coprire, è il grido a prescindere «benvenuti siano gli 
> immigrati»
> (ancorché clandestini) perché abbiamo bisogno delle loro braccia. Ho 
> iniziato a
> lavorare più o meno quando tu sei nato, alla metà degli anni 50, avevo 
> quindici
> anni, reduce da una feroce 'trombatura' sui banchi del liceo. Nelle 
> 'boite' (le
> piccole officine) di Torino c'era sempre posto per un apprendista che 
> avesse
> voglia di imparare un lavoro. L'orario era di 48 ore la settimana, due 
> settimane
> di ferie all'anno (e gli apprendisti avevano il permesso di uscire 
> mezz'ora
> prima se erano iscritti a una scuola serale: è così che mi sono diplomato 
> alle
> superiori).
>
> Nel tempo, in vent'anni di conquiste sindacali, tra la fine degli anni 60 
> e i
> primi 70, si è passati a 40 ore settimanali e un mese di ferie. In questi 
> ultimi
> 40 anni invece più nessuna modifica. Ma non esiste più il 'baracchino 
> Fiat' che
> avvita lo stesso bullone 8 ore al giorno, alienato da quel lavoro. Oggi un 
> bel
> robottino avvita 8 bulloni e con torsione controllata da un dinamometro, 
> tutti
> in un colpo. A detta degli esperti, la produttività del lavoratore
> (indifferentemente operaio o impiegato) è stata moltiplicata per dieci 
> grazie
> all'informatica e all'automazione.
>
> Ora, non pretendo che quel 'fattore 10' sia gratuito. Certo, il robot 
> costa (di
> contro non sciopera), lo studio per produrlo costa, la sua gestione costa. 
> Non
> pretendo quindi di affermare che gli utili netti dei 'padroni' siano
> automaticamente moltiplicati per dieci. Ma se per produrre la quantità di
> vetture degli anni 1965-70 la Fiat aveva un organico di quasi mezzo 
> milione di
> dipendenti e ora riesce a produrre le stesse quantità con una frazione di 
> quel
> numero, che cosa facciamo fare al resto degli (ex) dipendenti? Non basta 
> citare
> «le nuove professioni», non ce n'è per tutti, e soprattutto occorrono 
> 'skill'
> (abilità acquisite) che molti non possono avere, a causa dell'età o della 
> storia
> culturale di ciascuno, altrimenti non avremmo cassintegrati a ogni angolo 
> di
> strada. Ecco, perdona la lunghezza della descrizione che ho fatto, la 
> domanda
> che mi pongo, il tarlo che mi rode, ciò che non capisco: possibile che gli 
> utili
> netti di tutte le aziende che hanno ridotto così drasticamente il 
> personale non
> siano saliti?
> Possibile che non si possa passare a una diversa organizzazione del 
> lavoro,
> grazie alla quale sia possibile 'lavorare meno, lavorare tutti', ma 
> ovviamente
> lasciando i redditi dei lavoratori a un livello dignitoso. Caro fratello 
> scout
> (eh, l'hai scritto e me lo sono segnato...) fai cosa vuoi di queste due 
> domande,
> ma se puoi o hai tempo, rispondimi, perché mi sento proprio stranito da 
> questo
> mondo e questo modo di ragionare. Grazie, e Buona Strada!
> Giovanni Caluri, un vecchio scout del To XXIV di Luciano Ferraris
> --------****
> Non sono uno specialista in tarli, caro Giovanni, mentre anch'io ho 
> imparato
> qualcosa di fraternità e di giustizia.
> E ho pure appreso che un approccio 'pragmatico' alla novità tecnologica 
> non
> comprende necessariamente una resa al disumano.
> L'ho imparato e continuo ancora, da cattolico e da scout.
> Proprio come te: strada facendo, spesso controcorrente e anche contromano, 
> ma
> cercando di tenere sempre gli occhi bene aperti.
> È una buona lezione, basata su valori saldi (che mi scomodano e mi mettono 
> alla
> prova e persino in crisi) e su un sano dubbio (che è amore consapevole per
> l'umanità e perplessità affilata sul mondo e le sue logiche).
> Una lezione che mi è servita e che mi serve anche nel mestiere di 
> cronista. Nel
> quale ho capito che tutte le domande profonde e autentiche sono un inizio 
> di
> risposta.
> Capisco bene quella più sintetica e che mi fai per prima.
> E ti dico che anch'io - pur amando francescanamente gli animali e pensando 
> che
> ogni sano amore nulla toglie e tanto aggiunge alla nostra vita - ritengo 
> che sia
> ben strano e triste un tempo in cui si mettono in campo energie e 
> stentorei
> amplificatori a tutela di cuccioli d'animale e ritrosie o censure 
> inconcepibili
> quando c'è da salvare un bambino ancora non nato.
> La tua seconda domanda sul lavoro - che trovo in bella assonanza con un
> passaggio centrale della riflessione con la quale il cardinale Bagnasco ha
> aperto i lavori dell'ultima Assemblea della Cei: consiglio di rileggerla -
> argomenta così tanto e così tanto ricorda che faccio fatica ad aggiungere
> qualcosa.
> A parte una correzione che propongo a te e che - l'ho già scritto più 
> volte -
> vorrei fare a un modo di dire diffuso, ma che trovo profondamente 
> ingiusto: non
> esistono «clandestini» sulla faccia della terra, nessun uomo e nessuna 
> donna lo
> è mai. Le persone possono essere fuori da determinate regole, e dunque
> «irregolari», ma «clandestine» no.
> Qualcuno pensa che sia solo un modo di pensare buonista, e invece è molto 
> di più
> perché è impastato della sostanza stessa dell'idea cristiana di 
> fraternità.
> Proprio quella che genera e motiva la tua analisi e il tuo appello sul 
> lavoro e
> per il lavoro, guardando prima di tutto alle persone. È vero: non tutti i 
> lavori
> sono uguali, e non tutti nel lavoro sono ugualmente dediti e onesti. Ma 
> gli
> uomini e le donne sì.
> Loro sono uguali, e a nessuno per smania di profitto e senza giustizia può
> essere negata la possibilità di realizzarsi attraverso l'«opera delle mani 
> e
> dell'intelletto». E qui mi viene un modello (certo perfettibile) da 
> indicare.
> Ultimamente si cita - comprensibilmente - la Germania solo per 
> l'ossessione
> rigorista che ha imposto all'Europa. Beh, vorrei che si tornasse a 
> parlarne di
> più per il sistema partecipativo, e largamente inclusivo, che ha messo a 
> punto e
> applicato nel mondo dell'impresa e del lavoro. È una buona strada, e può 
> essere
> non solo 'copiata', ma sviluppata fino a diventare ottima. Perché si basa 
> sul
> principio che nel cammino e nell'impegno comune tutti - imprenditori, 
> lavoratori
> e anche finanziatori - condividono secondo eque gradazioni responsabilità,
> fatiche, problemi e successi. Anche in economia, lo stiamo sperimentando, 
> non
> c'è libertà particolare senza responsabilità e senza senso della comunità.
> Grazie a te, caro Giovanni, per le tue vigorose perplessità e per 
> l'amicizia ad
> Avvenire e a me.
> ------------------------
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