[Masci] circa la sentenza dell'Aquila
Forleo
rcforleo a mclink.it
Gio 25 Ott 2012 08:30:31 CEST
Questa è anche la ragione perchè non si trovano più medici che stanni
in sala parto.....Anche se i giudici non cadono nella trappola di valutare i
medici , spesso avvocati e loro esperti animano la conglittualità.....Lo
scenziato sa che molte volte la scelta è difficile e che la medicina e la
previsione del rischio prima che questo si verifichi in gravidanza ed in
travaglio di parto spesso è imèpossibile,,,cvosì non sarà mai un organo
politico a dover decidere se sia più pericoloso per madre e feto un tahlio
cesareo , l's' di ossitocici oppure un forcipe....
Romano
----- Original Message -----
From: "giovanni.caluri" <giovanni.caluri a alice.it>
To: "'Discussioni sul MASCI [italiano]'" <masci a scoutnet.org>
Sent: Wednesday, October 24, 2012 5:59 PM
Subject: [Masci] circa la sentenza dell'Aquila
> Anche se questa mail list dorme della grossa,
> questo argomento creda sia di quelli da
> risvegliare anche i morti.
> per non essere sempre io a parlare, faccio
> parlare l'editorialista di Avvenire di oggi
> 23 ottobre 2012
> ---------------------------------8<----------------------------
> LA SENTENZA DELL'AQUILA E IL RISCHIO DI CRIMINALIZZAZIONE INDISCRIMINATA
>
> No allo Stato di giustizia
>
> MARCO OLIVETTI
>
> Non vi sono dubbi che una valutazione compiuta su una sentenza possa
> essere
> espressa solo dopo averne letta la motivazione e sarà forse vero che ogni
> sentenza deve essere rispettata. Ma le prospettive aperte dalla decisione
> con
> cui alcuni componenti della Commissione grandi rischi sono stati
> condannati per
> omicidio colposo per non aver adeguatamente informato la popolazione
> dell'Aquila
> dell'imminente terremoto di due anni fa sono talmente gravi da imporre
> alcune
> osservazioni *qui e ora*. È in gioco, infatti, lo Stato di diritto nel
> nostro
> Paese, e il 'posto' della magistratura nell'ordinamento costituzionale.
> Dalla
> decisione (dal suo semplice dispositivo) emergono infatti alcuni fattori
> per
> nulla isolati nella vita della giurisdizione in Italia. Il primo riguarda
> la
> dilatazione senza limiti della sfera della giustizia penale, che assorbe
> qualsiasi altro tipo di controllo. Se anche si ammettesse che i membri
> della
> Commissione grandi rischi siano responsabili di qualche forma di
> negligenza, la
> giustizia penale dovrebbe comunque essere l'extrema ratio , e una cautela
> particolare si dovrebbe osservare prima di ricondurre un comportamento
> umano ad
> una ipotesi di reato così grave come l'omicidio colposo. Non vi è certo
> bisogno
> di essere adepti delle ideologie del «diritto penale minimo» per diffidare
> della
> criminalizzazione (in forma così grave) di ogni comportamento. Il secondo
> rilievo concerne la nozione stessa di responsabilità, la quale, anche in
> sede
> civile, ha ormai un'estensione proteiforme: in questo contesto nessuno è
> certo
> che un qualsiasi suo comportamento non produca danni a terzi, specie a
> fronte di
> professioni (si pensi a quella medica) intrinsecamente connesse a
> possibili
> effetti dannosi di azioni od omissioni umane.
>
> Della portata imprevedibile di queste concezioni della responsabilità sono
> ben
> consapevoli, del resto, gli stessi magistrati, i quali lottano all'ultimo
> sangue
> - attraverso le loro associazioni - per sfuggire, come categoria, agli
> effetti
> del mostro che hanno contribuito a creare (si veda la polemica sulla
> responsabilità civile dei giudici, che ha una storia di ormai un quarto di
> secolo, incluso un referendum abrogativo, i cui effetti sono stati
> prontamente
> disattesi). Un terzo spunto di riflessione viene da una concezione della
> giustizia penale che mette al centro le vittime, invece della funzione
> statale
> di repressione oggettiva
>
> dei reati. Si tratta di una tendenza molto forte a livello internazionale,
> che
> dà risposta a domande di sicuro pregio (evitare, anzitutto, che il
> processo
> penale si converta in una ulteriore umiliazione per chi ha già sofferto).
> Ma
> questa tendenza rischia di condurre all'abbandono di uno dei postulati
> fondamentali del processo penale, vale a dire la sottrazione ai privati
> del
> diritto di farsi giustizia da sé, avvicinando pericolosamente il processo
> penale
> a quello civile, con il pm e il giudice che, anziché reprimere le
> violazioni
> della legge penale, si sentono obbligati a 'dare giustizia' alle vittime:
> una
> giustizia cui non mancano, talora, elementi di vendetta, più o meno
> primitiva.
> Questa miscela diventa esplosiva quando il giudice e il pubblico ministero
> cercano - consapevolmente o meno - una sponda nell'opinione pubblica, a
> fronte
> di 'casi difficili'. È forse avvenuto nel caso dell'Aquila, ma anche in
> altri,
> pure essi assai problematici, come quello della Thyssen-Krupp di Torino,
> nel
> quale si è assistito a un altro scivolamento (ben diverso da quello di
> oggi),
> dall'omicidio colposo a quello doloso (sia pure con il cosiddetto dolo
> eventuale). Il quadro che ne risulta è assai inquietante: quello dello
> 'Stato di
> giustizia' (menzionato, fra gli ordinamenti contemporanei, solo
> dall'articolo 2
> della Costituzione del Venezuela di Chavez) che sostituisce lo Stato di
> diritto,
> e nel quale giudice e pm (da noi non adeguatamente separati, come è noto,
> con
> tutti i deficit di garanzia che ne conseguono) utilizzano il processo come
> arena
> in cui applicare non i tradizionali meccanismi dello Stato di diritto (con
> al
> centro i valori di legalità, prevedibilità, stretta causalità,
> responsabilità
> personale, ecc.), ma le loro concezioni personali della giustizia, in
> raccordo
> con le aspettative di un determinato ambiente sociale. Ne risulta solo una
> apparenza di giustizia, che appaga forse qualche anima bella, ma che
> distrugge i
> fondamenti dell'ordine civile di una società libera e si avvicina
> pericolosamente a una caccia alle streghe. Alla radice di questa
> situazione sta,
> del resto, una sopravvalutazione del ruolo del giudice, che viene chiamato
> a
> dare risposta a ogni genere di bisogno umano, per quanto irrazionale
> (anche se
> magari comprensibile), piuttosto che ad applicare il diritto di uno Stato
> libero.
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